Un ordine nuovo.

Tutto al femminile

L'ordine della sororità di Ivana Ceresa

Da sempre le donne cercano l'essenza femminile nella spiritualità e nella relazione con una presenza sovrannaturale. La storia del Cristianesimo è ricca di donne che hanno dato vita a nuove forme di vivere la fede. Donne di grande personalità e coraggio che hanno creato qualcosa di nuovo. Molte di queste sono conosciute, di altre abbiamo perso memoria. Fra quelle conosciute troviamo l'affabile figura di Teresa di Gesù dell'ordine delle Carmelitane scalze, quella più celata di Angela Merici dell'Ordine delle Orsoline, Giovanna Francesca di Chantal dell'Ordine della Visitazione, fino ad arrivare alla carismatica Madre Teresa di Calcutta con l'ordine delle Missionarie della carità. Non sempre si tratta di suore consacrate, a volte sono vedove, giovani, a volte sposate: in ogni caso tutte hanno smosso il sentire religioso femminile. Donne che hanno voluto dare ascolto, provare, sperimentare, comunicare. Fra queste ci sono anche donne che hanno 'trasgredito': donne che predicano, che somministrano i sacramenti, che leggono a loro modo le Scritture. Adriana Valerio, studiosa del fenomeno della spiritualità femminile in Italia e in Europa, non nasconde il fatto che, più volte, esperienze particolari di donne con il divino sono state occultate, quando non ostacolate o addirittura considerate eretiche. Di molte di queste non esiste memoria.
Nella storia della Chiesa, la difficoltà delle donne è, ed è stata, quella di trovare - e a una volta trovato far sì che sia riconosciuto - un percorso a sé, qualcosa per può avere una sua forma ed una sua dimensione. E fra le donne che vivono la fede, scegliendo fra gli insegnamenti della Chiesa quello che più aderisce al proprio pensiero, cercando di seguire la strada che sembra quella giusta, stando in equilibrio fra una religiosità fatta dogmi ed un sentirsi attirate da qualcosa di più profondo, troviamo donne che non si accontentano, che vogliono cambiare l'esperienza spirituale delle donne dall'interno della Chiesa stessa. Fra queste, Ivana Ceresa, che ha dimostrato che si può vivere la dimensione spirituale femminile, laicamente e in comunione con altre donne. Questa grande donna ha fondato un nuovo ordine religioso: l'"Ordine della Sororità".
Ivana Ceresa (1942-2009) diceva di essere una 'teologa', teologare nel senso di "dire Dio". E così aveva desiderato fin da ragazzina. Allora però una donna non poteva iscriversi alla facoltà di teologia, così si è laureata a Milano, all'Università Cattolica con una tesi su san Bernardo. Dopodiché lo studio è sempre stato presente (in particolare gli studi teologici), pur tenendo sempre gli occhi e la mente critica su quello che stava succedendo nella sua realtà. Negli anni '60 e '70 per esempio, gli anni delle grandi contestazioni, Ivana era molto vivace: "In quegli anni ho 'teologato' per contestare: l'autoritarismo, il conformismo, la misoginia, il capitalismo e tutto il resto, scrivendo e parlando, facendo occupazione e lasciando il posto, a scuola, a casa, in chiesa". Per vent'anni ha insegnato nelle scuole superiori di Mantova (era nata lì vicino, a Rivalta sul Mincio) e poi in diversi penitenziari. L'esperienza con queste persone è stata molto forte, così come determinante per il suo pensiero religioso, oltre alla teologia femminista, è stato l'incontro con il Pensiero della differenza che stava nascendo nei movimenti femminili all'inizio degli anni '80. Con Luisa Muraro, una delle filosofe più originali di questo movimento, aveva condiviso la vita da studentessa a Milano e aveva ripreso a frequentarsi anni dopo. Di questi incontri e dalle riflessioni che seguiranno, piano piano, ma mai senza smettere un istante, inizia a prendere forma l'originale pensiero teologico di Ivana Ceresa, che comprende un'idea di fede e spiritualità vissuta come donne e fra donne. La sua vita non è stata molto diversa da quella di altre donne. Lo studio, il lavoro, un matrimonio, dei figli. Una vita sempre segnata dalla presenza di Dio, a volte nella luce, a volte nell'ombra. A trent'anni scrive la sua professione di fede, una poesia bella, lunga, carica, che finisce però con una nota triste, un cruccio: [...] "Così, all'alba del giorno / che è l'inizio di tutti i giorni / quasi senza meraviglia / intendo che chiedi: / "Donna, perché piangi? Chi cerchi? (Gv 20) / Con lei, anch'io / non so dove ti hanno posto. / Perché sempre ed in ogni luogo / ti ho trovato / ma ti ho smarrito nella Chiesa". Un pensiero critico nei confronti della Chiesa, quella dei dogmi, delle regole e degli ordinamenti declinati al maschile; quella che, per dirla con le parole della teologa, impedisce la dimensione femminile. Nel contempo, la voglia di restarci dentro e di smuoverla e migliorarla. Un continuo cercare l'equilibrio possibile.
Ivana Ceresa inizia a vedere con altri occhi le figure femminili di sante e protagoniste delle Sacre Scritture. Via dai modelli agiografici che ci vengono presentati, e dentro in una prospettiva nuova, quella della donna come essere autonoma e con la sua identità. A partire dalle prime donne del Vangelo (con un occhio curioso a tutte le donne ci sono state nella storia di Cristo ma di cui i Vangeli non ci raccontano...), e le avventure delle prime donne che viaggiavano in Terra Santa (in particolare la teologa era affascinata dalla figura di Egeria, una pellegrina che lasciò un diario di viaggio con bellissime testimonianze di come si viveva la fede nel IV secolo dopo Cristo), le vite di Elena, la madre di Costantino, e di Monica, la madre di Agostino. Poi, ancora avanti nel tempo, Chiara d'Assisi e Rita da Cascia e le beate cresciute e vissute nella sua terra: Osanna Andreasi e Paola Montaldi (che diventano anche le protettrici del suo Ordine), fino ai tempi nostri con le figure di Madre Teresa di Calcutta, Edith Stein, Elizaveta Jur'evna Pilenko e Maria Pasqualina Luciani. In tutte queste donne, Ivana cerca l'essere femminile, la volontà e il modo di vivere la fede seguendo il desiderio e la passione dell'essere donna. Tutte hanno aperto una strada, e l'hanno aperta perché sono state capaci di guardarsi dentro e nel farlo hanno dato forma a questo essere.
Un particolare che prende in considerazione la teologa Ceresa è la relazione con altre donne, siano esse religiose o laiche, in particolare la relazione di autorità che può esistere fra donne. Questo concetto viene dal Pensiero della differenza che sostiene che la più grande autorità va data alla madre, in un circolo perpetuo di riconoscimento e rispetto per la figura femminile, come prima fonte di vita e pensiero. Ivana Ceresa fa suo questo pensiero, e dà alla Madonna il primato di questa relazione: "Così ti amo Maria, come un'intera genealogia di madri". Il pensiero diventa qui interessante perché la madre di Gesù diventa il riferimento femminile e l'autorità prima per tutte le donne nella Chiesa. La madre di Dio per prima non ha avuto bisogno di un uomo per dare la vita e dunque diventa per le donne un simbolo di autonomia femminile, anche nella relazione con Dio. La verginità non è a piacere dell'uomo o della Chiesa, ma sintetizzando al massimo, un modo per le donne di uscire dal sistema patriarcale di possesso sulla sessualità femminile. Una visione che apre nuove prospettive, che permette alle donne di riconoscersi meglio e di più nell'insegnamento di Cristo.
Ivana Ceresa approfondisce con i suoi studi la figura della madre di Cristo, Maria. Molto belli i suoi scritti sulla relazione fra la giovinetta Maria e la cugina Elisabetta, e offre alle donne un rosario tutto al femminile: "Il Rosario è una pratica orante alla quale credo fermamente [...] Sono tornata a questa pratica, dopo distrazioni e negligenze, nonché i lungo anni della 'secolarizzazione' e della 'demitizzazione', ma soprattutto dopo essermi collocata tra le donne che cercano la nominazione al femminile del proprio pensare e credere. Su questa via si maschera ogni sessismo, compreso quello dell'esegesi, della predicazione, della spiritualità e della devozione. Niente è neutro, neppure il caro e 'insospettabile' Rosario Mariano!".
Il concetto di autorità consente a Ivana Ceresa anche di darsi coraggio e fondare il suo Ordine. L'autorità che le viene riconosciuta dalle altre donne le danno slancio e passione per pensare a come le donne possano trovare un nuovo modo di vivere una spiritualità nuova, un rapporto con Dio che poggia sul fatto di essere donne. Questa donna, alla fine degli anni '90, fonda un ordine nuovo e lo chiama della "Sororità", da sorella, dall'essere fra sorelle, donne, considerate sorelle in una dimensione più aperta e trascendente. L'Ordine della Sororità viene riconosciuto dal Vescovo di Mantova nel 2002. Il tempo di gestazione di questo percorso è stato lungo, anni di pensieri e preghiere, di studi e relazioni: "L'idea venne in me da lontano, ma all'inizio non avevo neppure le parole per dirla", dunque l'idea di fare qualcosa per le donne, in particolare coloro che condividevano con lei il pensiero di una spiritualità e di una devozione al femminile: "E la Sororità, come andiamo sempre meglio comprendendo, è un esodo: quello dal sessismo storico, che pretende di includere il femminile nel maschile e ci vorrebbe obbligare alle relative conseguenze; e nessuna donna nella pratica, attraversa questo 'Mar Rosso', senza la compagnia di un'altra donna, che è simbolicamente tutto il popolo delle donne: vogliano il Signore, Maria e Giuseppe, con tutti i santi e le sante, accompagnarci nel buon esito di questa 'traversata'".
Per realizzare qualcosa di grande, come fondare un nuovo ordine religioso, bisogna avere coraggio, un grande carisma, una vicinanza a Dio che è pura grazia. Ivana Ceresa si è sentita chiamata a questo e l'ha compiuto. Con fatica e gioia. A dirla con le parole di Edith Stein, neppure lei sapeva come sarebbe andata a finire se avesse afferrato la mano che la stava appena sfiorando. Ma Ivana Ceresa si è sempre aiutata con la vita, l'esempio, la figura e la scrittura di altre, venute prima di lei o vicine nel tempo. Per fare qualcosa di nuovo, anche nel campo della spiritualità, bisogna crederci, fino in fondo. Bisogna vivere in un altro modo. Scriveva Elizaveta Jur'evna, nata Pilenko, nel 1934: "Ci sono due modi di vivere: / Camminare sulla terra ferma / Facendo solo ciò che è giusto e rispettabile, / E così misurare, soppesare, prevedere / Ma si può anche camminare sulle acque / E allora non si può più misurare e prevedere / Ma bisogna solo credere incessantemente. / Un attimo di incredulità e si comincia ad affondare".
Ivana Ceresa se ne è andata il 28 febbraio del 2009, portata via dalle complicazioni di una malattia che da quattordici anni la stava tormentando. La sua vita, scriveva lei, aveva un fine e questo l'ha realizzato: "La mia funzione è stata quella di essere un incipit ... un dono fatto persona", alle altre donne va la testimonianza e l'invito a proseguire. Ivana lo fa anche con le parole di sostegno e incoraggiamento che Chiara di Assisi scrive ad Agnese di Boemia: "Non arrestarti, ma anzi avanza / confidente e lieta con veloce corso / e passo leggero, con piede sicuro / nella via della beatitudine che ti aspetta, / senza permettere che neppure la polvere della strada / ritardi il tuo andare".


(publicà per ladin su gana 18)

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