Due orologiai
Peter raddrizza la schiena e s'appoggia alla parete. Fischiettando si unisce ai cuculi delle pendole che annunciano le cinque del pomeriggio.
"Cu-cù! Cu-cù!"
Aldo, nella bottega poco lontana, stesso bancone, ferri del mestiere di un orologiaio, monocolo, pinze e cacciaviti, e cuculi canterini, è molto preoccupato. Da quando ha aperto a Bolzano non ha ancora incassato una lira.
Esce per non farsi prendere dall'angoscia.
Improvvisamente viene investito da un'occhiataccia sinistra. Nel vicolo sanno che è italiano e non è il benvenuto. Peter lo sta osservando. Lo vede disperato. Dispiaciuto, alza la mano per un saluto. Aldo lo confonde per un invito ed entra nella bottega.
Né uno né l'altro hanno idea di cosa dirsi. All'inizio si guardano imbarazzati, poi iniziano a chiacchierare. Si conoscono di vista. Hanno la bottega sulla stessa strada. L'uno all'inizio del vicolo, l'altro giù in fondo. Nella prima c'è un incredibile andirivieni, nell'altra finora non è entrato nessuno. A Peter dispiace per il collega. Prende tre sacchettini e li allunga verso Aldo.
"Li vuoi aggiustare tu?"
Aldo è commosso. Vorrebbe ringraziare in tedesco, la lingua di Peter, ma dall'emozione non ricorda la parola.
"Cu-cù! Cu-cuu! Cucuuuu…", intona intimidito Aldo con la sua voce baritonale.
Peter è disorientato. Che fa quell'uomo?
La voce è bella. Pure intonato!
Gli vien da ridere. Solo un italiano può ringraziare cantando.
Farsi sfuggire l'occasione di farsi una cantatina a due voci? Mai e poi mai. Così s'associa. Se dovessero sentirli? Pazienza.
"Cu-cù! Cu-cuu! Cucuuuu…", s'associa.
Alla canzone del cuculo ne seguono altre. Non usano parole, cantano a bocca chiusa, perché nessuno vuole obbligare, uno a cantare nella lingua che l'altro non sa, l'altro nella lingua che non è la sua.
"Devo andare a chiudere bottega", comunica Aldo a Peter quando i cuculi, cinguettando, annunciano le sei.
"A domani, allora", saluta Peter pregustandosi il momento.
"Danke!"
Eccola, finalmente, la
parola finita chissà dove.